Io non parlo inglese. Parlo coi gesti.
A Claudio Arezzo di Trifiletti non occorre conoscere una lingua specifica.
Non servono curriculum onorevoli o master di prestigio per far risaltare la propria essenza e contaminare chi lo circonda o ne osserva il talento. A lui basta il linguaggio dell’anima. Quell’idioma interiore e primordiale che, nei meandri dello spirito, necessita di spazi estesi per trasformarsi in gesti e irradiare energia.
Sapersi ascoltare e mettere in pratica è il credo di pochi. Una responsabilità per sé stessi e per gli altri da non sottovalutare. Un atto d’amore, un impegno, una necessità. Sapersi ascoltare e mettere in pratica non è il credo di Claudio Arezzo di Trifiletti, è la sua ragione d’esistere.
E forse lo è sempre stato, sin da bambino, da quando ha cominciato a scarabocchiare le prime tele.
Parlare coi gesti assume un significato più ampio di quello letterario.
Costituisce gesto accendere una candela in segno di costernazione o donare un abbraccio al prossimo senza alcun fine. Costituisce gesto raccogliere oggetti per strada e rendere omaggio all’umanità creando un’opera praticamente dal nulla, o ancora intingere il pennello su una tavolozza, scegliere un colore senza troppo badare alla fedeltà della sfumatura, lasciandosi trasportare dai movimenti del cuore, trascurando qualunque tipo di immagine prefissata.
Claudio Arezzo di Trifiletti parla coi gesti: impronte, installazioni, azioni, scritti. Il risultato è la sua arte. In un mondo in cui l’Anima perde peso, consistenza, diventa biodegradabile ed esaurisce la propria forza, l’impegno di un artista diviene meccanismo essenziale per olearne gli ingranaggi obsoleti, bloccati da una società robotizzata che attribuisce importanza ad inutili necessità. Essere artisti significa sporcarsi le mani, la pelle, i vestiti.
Significa anche accantonare pennelli e colori per mettersi al servizio degli altri, con ciò che si ha a disposizione. Il viaggio è svegliare menti assopite vittime di un sistema corrotto. La meta è il bene dell’uomo. La vicinanza col prossimo. La pace tra i popoli. Il rispetto delle disuguaglianze.
Prima dell’artista, c’è l’uomo. Prima di Claudio Arezzo di Trifiletti, c’è Claudio. Il suo talento, lo spessore artistico, le opere, non sono nient’altro che una semplice equazione. La diretta conseguenza della persona meravigliosa che è. Esistono silenzi che comunicano più di mille parole. La prima volta che lo incontrai disse poco a voce, ma parlò abbastanza. I nostri cuori strinsero un patto senza conoscersi. In segreto mi donò amicizia e fratellanza. E a lui devo molto.
Quanti di voi sono pronti a mettersi a servizio degli altri? Iniziate accogliendo chi si mette a servizio di voi. Se si vogliono eliminare le barriere, dobbiamo pensare che siamo tutti molto vicini.
Francesco Russo